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LETTERA DELL’ASSOCIAZIONE ONG ITALIANE AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO 31/01/2007

Riportiamo di seguito il testo della lettera scritta dal presidente dell’Associazione delle ONG italiane Sergio Marelli al Presidente del Consiglio Romano Prodi, in occasione della recente visita del Presidente ad Addis Abeba.


“Signor Presidente,

mi rivolgo a Lei a nome delle ONG italiane che lavorano in Somalia, paese che versa in condizioni che rischiano ancora una volta di essere senza vie di uscita. La comunità internazionale ha già commesso una volta l’errore di abbandonare questo paese al suo destino, con un territorio senza stato e senza istituzioni alla mercè delle prepotenze dei signori della guerra e delle rivalità tribali, lasciando che si creasse una situazione di grande instabilità e di rischio per l’intera area e per la sicurezza globale. Non può ora permettersi di commettere nuovi errori.

La decisione adottata dalle deboli istituzioni transitorie somale, in accordo con Usa e Etiopia, di imporre la stabilizzazione del paese con la forza militare etiopica non è stata, salvo che per gli stessi promotori, la giusta soluzione. Si è trattato di una decisione che ha ignorato la Risoluzione 1725 votata all’unanimità dal Consiglio di Sicurezza solo pochi giorni prima, il 6 dicembre 2006, la quale confermava e riprendeva precedenti decisioni dell’organizzazione regionale Igad e della stessa Unione africana.

Dopo le quattordici conferenze nazionali di riconciliazione rimaste infruttuose, quella di Eldoret è riuscita nel 2004 a garantire il consenso necessario per la nascita di istituzioni transitorie con una carta costituzionale federale a cui riferirsi. Le nuove istituzioni hanno ricevuto il mandato di realizzare un percorso, nel periodo transitorio di cinque anni, per rimettere insieme la società somala, ricucire le ferite, superare il tribalismo, con il coinvolgimento e la partecipazione attiva della società civile nelle sua variegata articolazione. Non limitandosi quindi all’identità clanica ma valorizzando la pluralità identitaria sociale, culturale, professionale, economica, produttiva, di genere e lavorando con pazienza e diplomazia politica, nel rispetto della carta fondamentale e dei diritti umani.

Il percorso è chiaramente disegnato nella costituzione federale transitoria ed è assegnato al governo federale transitorio. Esso deve in particolare provvedere a costituire il sistema amministrativo decentrato con le amministrazioni regionali e distrettuali, completare il sistema federativo, assicurare la sicurezza, governare, garantire le libertà e i diritti di cittadinanza, compresa la libertà di espressione, di associazione e di organizzazione politica, ricomponendo la società somala.

Chiamare un esercito straniero, disdegnando la risoluzione Onu che prevede l’invio di una forza internazionale africana imparziale per mantenere la sicurezza e proteggere le istituzioni transitorie, rappresenta un trauma in questo percorso costituzionale, quasi si volesse seguire un percorso opposto, non finalizzato all’inclusione di tutti i somali nel dialogo politico e negoziale. Anche di fronte a ragioni che, sicuramente, saranno state soppesate e ritenute valide, tale decisione continua a rimanere una frattura e una ferita che ha colpito una consistente parte della popolazione e del parlamento somali e ha posto interrogativi seri a quella parte di comunità internazionale che ha da sempre sostenuto le istituzioni federali.

La realtà è questa e da qui, comunque, occorre ripartire. Se il giudizio su di essa vede posizioni contrapposte e inconciliabili, queste non devono però comportare l’interruzione del percorso fissato dalla carta costituzionale transitoria e sostenuto dalla comunità internazionale che, se ripreso, può portare al superamento rapido anche se graduale dell’attuale stallo, a beneficio della popolazione somala, stanca di divisioni, conflitti, prepotenze e abusi.

Ritornare alla carta costituzionale, unico riferimento formale condiviso e vincolante, significa anche assicurare libertà e sovranità al parlamento in cui risiede la rappresentanza del popolo somalo e garantire le libertà e i diritti civili che lo stato di emergenza ha invece malauguratamente limitato.

Le Ong italiane che operano in Somalia da decenni e hanno stabilito con le comunità un rapporto fraterno e di fiducia chiedono al Governo italiano e alla Commissione europea di riaprire il dialogo con le autorità somale per verificare - con l’Igad, l’Unione africana, le Organizzazioni internazionali e i paesi e organizzazioni del Gruppo di contatto - la possibilità di riprendere il percorso costituzionale al fine di realizzarlo, gradualmente ma decisamente, con l’impegno di giungere ad una rapida soluzione dei problemi sopra evidenziati. Il dialogo è indispensabile perché tale percorso richiede impegni precisi da parte somala insieme ad un deciso e concreto supporto internazionale per poterlo realizzare. Va ricordato in proposito che una delle cause del rallentamento e dell’insuccesso dell’azione delle istituzioni transitorie nei due anni passati è stata lo scarso sostegno concreto ricevuto dalla comunità internazionale per potere agire, assicurando il decentramento amministrativo, garantendo la sicurezza e governando il paese. Alle parole e alle promesse non è seguito che un limitato ed insufficiente sostegno reale. Anche questo errore, a nostro avviso, non va assolutamente ripetuto.”


Dr. Sergio Marelli


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