Correre nel verde Motori & vele: dedicato a tutto ciò che l'ingegno ci ha dato per muoverci - Correre nel verde direttore responsabile Giorgio Gandini


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Ferrovie ITALIANE

In Italia ci furono storicamente grossi problemi per la creazione di una rete ferroviaria. Ciò a portato ad un certo ritardo nel trasporto via ferro nella penisola portando dei territori. Ancora nel 2009, si è collegati in maniera difficoltosa e con poche tratte, costringendo i passeggeri spesso a numerosi cambi di treno per raggiungere determinate località.

Le principali ragioni di questo ritardo per la rete viaria su ferro, da un punto di vista storico, sono da ritrovarsi nel frazionamento del territorio della penisola in tanti piccoli stati al momento dell’invenzione della locomotiva.

I regnanti di questi piccoli e litigiosi stati temevano che ad una più veloce condivisione delle merci che la locomotiva portava con sé,  corrispondesse anche una più veloce condivisione delle idee, soprattutto di quelle liberali che rischiavano di mettere in crisi piccoli regni.

Il primo sovrano della penisola a rompere gli indugi fu Ferdinando II di Borbone, che, nel 1839, inaugurò la linea ferroviaria Napoli – Portici. Seguirono, prima del 1860 e la proclamazione del Regno d’Italia, le linee Milano – Monza nel 1840, Pisa – Livorno nel 1844, la Torino  - Moncalieri nel 1848 e la Torino – Genova nel 1853.

Lo sviluppo della rete ferroviaria italiana non fu mai costante infatti possiamo notare dalla tabella che dai primi 8 Km del 1839 si passa ad una crescita a  sbalzi, sicuramente anche a causa dei conflitti che colpirono in questi periodi l’Italia e l’Europa. Possiamo già dire che i 23220 Chilometri del 1938 sono il record di lunghezza per le ferrovie italiane.

ANNO

Chilometri

1839

8

1860

1800

1880

8715

1900

15787

1938

23220

Da un punto di vista tecnico costruire delle ferrovie per uno Stato come l’Italia risulta difficoltoso. Le catene montuose degli Appennini e delle Alpi hanno reso necessarie molte infrastrutture per poterle superare. Si passa da gallerie, come quelle utilizzate per  il passaggio di treni verso l’estero e il passaggio della penisola da est verso ovest, ai ponti lunghissimi che tagliano vallate aggirando i monti al centro.

Si comprende così come una nazione in difficoltà come la nascente Italia abbia proseguito un po’ a singhiozzo a crescere su questo piano.

Dopo il 1860, e la riunificazione della penisola sotto il Regno d’Italia, si rese necessario creare un nuovo ordinamento per la rete viaria su ferro. Infatti il più grande problema che il nuovo Stato si ritrovava risultava essere la  suddivisione in tante piccole società che controllavano brevi tratti di rotaie.

A questa difficoltà il governo del Regno cercò di porre rimedio con la legge del 14 maggio 1865. Con questo provvedimento venne decisa la cessione delle linee piemontesi governative, e promossa la fusione delle varie reti. La struttura così creatasi era sicuramente più snella. Dalle varie unioni si formarono semplicemente tre Società, quella "Dell'Alta Italia", "Delle Romane", "Delle Meridionali".

La Società dell'Alta Italia aveva la gestione delle linee dello Stato sabaudo e quelle appartenenti alla "Società della Lombardia" e quelle della ex "Società dell'Italia Centrale".

La "Societa delle Romane" invece nasceva dalla fusione delle ferrovie Livornesi, della Centrale Toscana, delle Maremmane, e dell'antica "Società Generale delle Romane". Data la pochezza di collegamenti che aveva l’ex Stato Pontificio la Società delle Romane si impegnò anche ad ampliare le linee in questi territori. Sottolineiamo che ci riferiamo a regioni come Umbria, Marche ed Abruzzo, che da un punto di vista geografico hanno molti monti nel loro territorio. Risulta quindi chiaro quanto fosse difficile svolgere il lavoro di recupero, proprio a causa della presenza dell’Appennino.

La "Società delle Meridionali", era quella che gestiva tutto il resto delle ferrovie del Regno. Successivamente ottenne anche in aggiunta la linea da Bologna ad Ancona. In questa maniera una sola compagnia aveva il controllo della rete costiera adriatica. Infatti la gestione delle Meridionali partiva da Ancona ed arrivava ad Otranto, inoltre si occupò anche delle diramazioni da Bari a Taranto, da Foggia a Napoli e da Ceprano a Pescara.

La divisione per 3 non risultò ottimale per la linea ferroviari italiana. Fu così che, completando il lavoro iniziato con le nuove concessioni per la società delle Meridionali, venne cancellata, nel 1874 la Società delle Romane, le sue concessioni confluirono tutte alla "Società delle Meridionali". Questa nuova e più grande società mantenne l'obbligo di costruire delle nuove linee, ma anche questa volta non ci saranno grandi effetti positivi.

All’alba del XX secolo fu il ministro Depretis che decise di rinnovare ancora la struttura delle società che gestivano la rete ferroviaria italiana. Venne ridistribuita la gestione del territorio sempre per due società. Questa volta la divisione della penisola avvenne in senso longitudinale: nacquero così le reti "Mediterranea" e "Adriatica”.

Il vero problema, in realtà, era che la scelta di avere due società di gestione non era sinonimo di grandi successi; la comprensione di questo fatto portò, in pochi anni, alla nuova grande riforma per le ferrovie italiane.

Nel 1905 nacque la società delle Ferrovie Italiane, che controllava tutte le concessioni della Mediterranea e della Adriatica. Inizialmente si decise che dovesse essere una società  di proprietà completamente privata poi, a partire dal 1906, si suddivise il capitale, in maniera che i due terzi di questo fossero dello Stato.

Le necessità di far crescere lo Stato, soprattutto rimodernando i trasporti, fu un vero tormentone per tutti i primi anni del '900, soprattutto dopo l’avvento della dittatura fascista e il mito di un Italia autonoma in tutti i campi.

È infatti del 1928 la creazione dell’A.A.S.S. - Azienda Autonoma delle Strade Statali, un ente creato per rinnovare la rete stradale italiana, l’ordine è che la nazione deve iniziare a correre.

Anche le ferrovie entrarono in questa missione di autarchia e venne così dato grande impulso anche a questo settore. Tra le cose costruite in questo periodo che sono da ricordare citiamo la linea direttissima Roma-Napoli e Firenze-Bologna.

Un detto di epoca fascista sottolineava come in quel periodo i treni arrivassero tutti in orario. La ragione di ciò è molto semplice. Innanzitutto il treno era ancora una novità, e le varie tratte non erano sature di passeggeri, la seconda cosa che a rimetterci per il ritardo del treno fosse principalmente il macchinista, che era dunque principalmente preoccupato ai tempi di percorrenza ma meno alla sicurezza dei viaggiatori. Anche in questo caso vediamo sicuramente un miglioramento dei trasporti su rotaia in Italia, ma non si tratta di un miglioramento organico, il ritardo dal punto di vista del confort dei passeggeri e dell’arretratezza delle carrozze sarà un problema che le FS si porteranno dietro per molti anni ancora.

Dopo il 1945, alla fine del secondo conflitto mondiale, la rete ferroviaria italiana era ormai in condizioni disastrose a causa dei numerosi bombardamenti subiti. Nell’immediato dopoguerra fu subito necessario un grande impegno principalmente per la ricostruzione dei binari, lasciando al futuro il problema della comodità dei vagoni e la creazione di nuove linee.

I tentativi di riallacciare i legami tra i vari stati europei dopo gli odi della Guerra portarono alla creazione, negli anni  ’50 del ‘900, dei treni TEE, ovvero Trans Europ Express, i primi percorsi su rotaia che univano varie nazioni. Grazie a questo impulso si crearono molti trafori sulle Alpi.

Nonostante gli sforzi compiuti nel 1961 la rete ferroviaria italiana contava solamente 21.281 km.

Sicuramente l’Italia restava uno Stato che era arretrato rispetto alle altre nazioni per quanto riguarda le strade ferrate, ma ogni tanto arrivava dalla nostra nazione anche una eccellenza di cui poter essere orgogliosi.

È il caso della linea direttissima Roma – Firenze. Guardando il progetto possiamo renderci conto che quella che si andava a creare poteva benissimo venir considerata la prima linea ad alta velocità d’Europa, che sarebbe stata attiva fin dal 1970. Nella realtà, nei primi anni ’70, ad essere attivo fu solo un breve tratto, e ancora una volta bisognerà aspettare dei decenni prima di vedere la linea completata, portando così l’Italia a divenire, da nazione – pioniera, ad una di quelle che rincorre le innovazioni degli altri Stati.

Il perché del ritardo nella creazione della direttissima lo troviamo nel fatto che le rotaie italiane necessitavano di un ammodernamento tale che era più necessario distruggere quello che era già esistente per poi ricostruirlo piuttosto che aggiungere nuove tratte. Arriviamo così agli inizi degli anni 90 del ‘900. In questo periodo vediamo che le strade su ferro italiane coprono solamente 19.555 km, un dato decisamente inferiore a quello del 1938.

Gli anni successivi, fino alle soglie del nuovo millennio, non porteranno grandi aumenti della rete anzi, controllando i dati, i Chilometri di ferrovia non aumenteranno per nulla, ma anzi diminuiranno, rendendo così l’Italia ad avere una rete ferroviaria tra le più piccole d’Europa.

La società delle Ferrovie di Stato sopravviverà fino al 1985, da quella data infatti inizierà un lungo e tortuoso percorso che porterà alla nascita di Trenitalia e RFI (Rete Ferroviaria Italiana).

Siamo nel 2000, e le Fs cambiano definitivamente nome diventando Trenitalia, che risulta essere la società che gestisce i treni che attraversano la via ferroviaria. Al fianco di questo nuovo ente troviamo la Rete Ferroviaria Italiana (RFI). Si tratta della società che controlla la percorribilità dei vari binari, e che si impegnerà nella gestione, ampliamento e rinnovamento delle strade su ferro della penisola.

Ovviamente queste due società hanno un’unica controllante che è Ferrovie dello Stato S.p.A.. La società controllante ha ancora come azionista unico il ministero del Tesoro.

Con la nascita di queste nuove società, e la divisione tra chi gestisce la rete e chi si preoccupa del confort dei passeggeri, le ferrovie italiane cercano di entrare nella rete europea dei trasporti. Il nuovo millennio parte con l’avventura verso l’alta velocità.

Negli ultimi anni sono partite nuove linee alta velocità, come quella tra Napoli e Roma, Milano e Bologna. Per ora ci sono molti progetti che prevedono la realizzazione di linee che utilizzino treni ad Alta Velocità, ma sono solo poche quelle attive. I treni che fanno questi pochi percorsi sono gli ETR 500.


 

 

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