Correre nel verde Cucina e dintorni: alimenti, ricette, articoli e informazioni sull'enogastronomia - Correre nel verde direttore responsabile Giorgio Gandini


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Storia della Pizza

La pizza, alimento conosciuto in tutto il mondo, ha origini tipicamente italiane.

Chi non ha mai gustato una fetta di buonissimo e prelibato mix di farina, pomodoro e mozzarella?

Esistono svariate tipologie di pizza e negli ultimi anni la vastità di tipi è aumentata in modo esponenziale perché i palati fini e gli estimatori sono in continua crescita.

Comunque chi è legato alle tradizioni può optare per i gusti classici come una filante margherita, una policromatica e ricchissima quattro stagioni o una fresca Napoli.

Famosa è la pizza napoletana che ha disseminato estimatori in tutto il globo; il classico prodotto di Napoli è "esteticamente" alto.

Gli ingredienti che tradizionalmente compongono una pizza sono un impasto di acqua, lievito e farina di frumento.

Il lievito viene sottoposto a modellamento per raggiungere la forma desiderata (quella tradizionale tonda o quella rettangolare più recente) per poi essere arricchita con la farcitura, (del semplice pomodoro o ingredienti più elaborati) infornata e cotta.

Le origini di questo tipico prodotto gastronomico sono radicate nella nostra penisola e precisamente la regione Campania, con la città di Napoli, ha dato i natali a questo piatto succulento.

Anche oggi, nonostante le svariate tipologie di pizza, quando si utilizza il vocabolo "pizza" il primo pensiero che ci balena in mente è l'immagine di un alimento rotondo fumante, guarnito con fresco pomodoro rosso acceso e mozzarella filante.

Il prodotto precedentemente descritto è la tradizionale pizza napoletana, ovvero la capostipite di uno degli elementi culinari più famosi, diffusi e apprezzati al mondo.

A seconda delle zone della penisola il termine pizza è messo in correlazione con prodotti alimentari differenti; ad esempio in alcune zone dell'Italia centrale per pizza si intende  una torta salata o dolce, bassa o alta cotta al forno.

Secondo alcuni studiosi, il termine “pizza” ha radici etimologiche derivanti dal verbo latino "pinsa" (participio passato del verbo "pinsere" che significa schiacciare, pestare).

Altra ipotesi sull'origine è legata alla pita balcanica e mediterranea di origine greca; il termine proviene dall'ebraico פִּתָּה o פיתה, dall'arabo كماج e dal greco πίτα.

Ulteriori ricerche accostano la parola pizza anche ad idiomi germanici (gotico o longobardo)

dell'alto tedesco d'Italia bĭzzo-pĭzzo; anche il tedesco attuale sembra essere legato al termine pizza come testimonia il vocabolo "bissen" che viene tradotto con "pezzo di pane" o "boccone".

L'ipotesi formulata acquisterebbe consistenza se si considerasse il settore geografico dei ducati longobardi di Spoleto e Benevento in cui il termine divenne di uso comune.

Pur essendo pregna di ipotesi più o meno attendibili, l'unica certezza che sembra avvolgere il mondo della pizza è il successo mondiale derivante dalla città di Napoli.

L'etimologia della parola pizza non è l'unico elemento ricco di incertezze legato a questo alimento;

anche le vicende storiche relative alla pizza sono dense di avvenimenti la cui veridicità non è inconfutabilmente attendibile.

L'argomento pizza occupa le prime "pagine" della storia nel 997 d. C. per mezzo del latino volgare di Gaeta; però già  in tempi remoti la presenza della pizza fece capolino nelle cronache di antichi popoli come gli egizi, i greci e i romani con la realizzazione di focacce (lievitate e schiacciate).

La forma tradizionale della pizza è circolare, rotonda ed ottenuta dalla lievitazione dell'impasto e successivamente condita con diverse e gustose farciture.

La città partenopea ha aiutato ad accrescere la popolarità del piatto campano  e ancora oggi il nome “pizza napoletana” è usato per generalizzare la pizza di qualsiasi forma e composizione.

Oltre alle tipologie di pizza a seconda delle zone, specialmente al di fuori dei confini italiani, anche l'impasto non è sempre quello tradizionale ma si presenta più dolce e ricco di grassi. 

Per lavorare l'impasto nella forma tonda, tipica della pizza napoletana, generalmente si utilizza un mattarello o semplicemente si modella la pasta con le proprie mani; con il passare degli anni il trattamento dell'impasto si è tramutato in un mix di spettacolarità e arte culinaria con sapienti e abili pizzaioli che roteano in aria la pasta per allargarla e plasmarla a proprio piacimento.

Oltre alla tipica pizza tonda esiste anche la “pizza a taglio” (o in teglia) stesa e cotta in teglie rettangolari e venduta a peso nelle pizzerie o consumata comodamente a casa; tale alimento si può trovare in vendita non solo nelle pizzerie, ma anche in determinati forni che non offrono solo prodotti come pane e dolci.

Le pizze adibite per la vendita devono essere fatte con un impasto prevalentemente costituito da acqua in modo che il gusto e la qualità della pizza si mantenga anche in uno stato non più caldoj; basti pensare ad una teglia di pizza preparata la mattina presto e ancora invenduta durante il pomeriggio.

Per agevolare la composizione acquosa dell'impasto vengono utilizzate tecniche e farine specifiche che incrementano la presenza dell'acqua del 90% circa.

Un'altra tipologia di pizza è la “pizza alla pala” cotta sul piano del forno (come la pizza tonda) e come la pizza alla teglia,  lavorata per essere venduta.

Un altro tipo di pizza è la “pizza al metro” la cui ricetta è stata ideata da Luigi dell'Amura intorno al 1950 e sperimentata nel 1960 con il nome di “pizza al metro”; il panettiere, originario di Vico Equense (Napoli), in modo del tutto aleatorio ideò tale variante della pizza.

Originariamente il prodotto si diffuse prima a livello internazionale e poi su scala mondiale.

Il processo di lavorazione dell'impasto è analogo a quello di una qualsiasi pizza mentre lo scopo essenziale del prodotto è quello di conferire un forma da poter dilatare in lunghezza a proprio piacimento.

I condimenti e quindi le ricette applicabili a questi impasti sono gli stessi usati per farcire le pizze tradizionali sia tonde che al taglio; la pizza al metro, grazie alle sue ampie misure in lunghezza, consente di guarnire con più ricette e condimenti una medesima pizza.

I forni adatti per cuocere in modo ottimale le pizze al metro sono di solito molto lunghi e capienti viste le dimensioni considerevoli dei prodotti.

Non tutte le pizzerie posseggono forni talmente grandi quindi si è trovata una soluzione cuocendo una pizza dalle dimensioni adatte ad entrare in due piatti (pizza su due piatti) e quindi variabile in due diversi condimenti.

Un altro tipo di pizza è la “pizza genovese” esteticamente soffice e alta, realizzata con acqua, lievito di birra, farina di grano tenero e sale; in alcuni casi si usa aggiungere anche del latte.

Una volta lievitata viene appianata con le dita nella teglia e successivamente cotta in forno preferibilmente a legna.

La famosa “pizza napoletana” è di forma circolare e costituita da una pasta soffice e dai  “cornicioni” ovvero una bordatura molto alta; l'effetto “rigonfiamento” dei bordi è dovuto allo spostamento dell'aria, dal centro ai lati della pizza durante il processo di modellamento.

La conformazione tipica dell'impasto della pizza napoletana è costituita da farina, lievito (naturale o di birra), sale e d acqua; questo genere prevede due differenti pizze : la margherita e la marinara.

La prima è farcita con pomodoro, basilico, olio extravergine e mozzarella; quest'ultima può essere o un fior di latte, o una mozzarella STG (Specialità Tradizionale Garantita) o una mozzarella di bufala DOP (Denominazione di Origine Protetta).

La pizza marinara è invece condita con semplice olio extravergine, pomodoro, origano e aglio.

Esteticamente la “pizza romana” ha una pasta molto fine e fragrante ottenuta dall'amalgama di acqua, lievito naturale (o di birra), sale, olio di semi (o d'oliva) e farina di grano “0” (o “00”).

Farcita con alici, mozzarella e pomodoro la pizza romana viene chiamata così a Napoli mentre nel resto del mondo è conosciuta come “pizza Napoli”.

Però alcuni libri culinari affibbiano l'uso delle acciughe ad una tradizione tipicamente diffusa a Roma che prevede anche pecorino, pepe e basilico tritato insieme ai precedenti ingredienti della pizza romana; in alcune zone la pizza romana è condita con patate, cipolle, zucchine e funghi.

La diffusione della pizza ha comportato anche la nascita di varianti culinari che si basano su di essa; una di queste è il calzone che ha la caratteristica, che la differenzia dalla classica pizza, di essere racchiusa dalla pasta facendo assumere al calzone una forma totalmente “ermetica”.

Tale involucro, viene riempito con le più gustose e fantasiose farciture e nella regione pugliese il calzone è stato realizzato con diverse tipologie di pasta.

In terra sarda l'analogia culinaria del calzone si chiama “panada” ovvero una specie di pizza soffice sorretta da una pasta massiccia e “riempita” da diversi ingredienti come melanzane, funghi, carne d'agnello, anguille, zucchine, pomodori.

Il procedimento per cucinare una buona panada è quello di impreziosire la pietanza, dopo averla cotta in un forno a legno, con dell'olio extravergine d'oliva caldo (in quantità non esagerata) e lasciarla a riposo.

Un piccolo calzone può essere considerato il “panzerotto” che può essere preparato anche friggendolo in padella oltre alla tradizionale cottura al forno.

A Palermo è conosciutissimo lo “sfinciuni” ovvero una focaccia soffice insaporita con cipolla, pangrattato, caciocavallo e pomodoro;

Presso i comuni di Sortino e Solarino (ambedue in provincia di Siracusa) si può trovare il “ pizzòlu”, una pizza rotonda condita con vari ingredienti; il “piduni” è invece un calzone di dimensioni più piccole che viene fritto invece di essere cotto e farcito con verdure.

A Messina, in cui è diffuso il piduni, si può gustare anche “la focaccia  alla messinese” cucinata con pomodoro, acciughe, verdure e formaggio in teglia.

Zafferana Etnea è la culla della classica pizza siciliana e cioè un calzone fritto costituito da soffice pasta e farcito essenzialmente con acciughe, funghi porcini e formaggio.

Però la pizza non è rimasta relegata entro i confini europei, ma si è espansa anche nel nuovo continente americano rappresentata da una pasta tenera e carica di condimento (nelle ricette più recenti è presente anche il mais tra gli ingredienti oltre a margarina, zucchero e burro).

Negli ultimi anni è entrata in commercio anche la pizza senza glutine (quindi senza frumento) per chi soffre di celiachia.

La più conosciuta pizza margherita è composta da ingredienti molto nutrienti per l'organismo umano come i lipidi vegetali contenuti nell'olio extravergine d'oliva, carboidrati nella forma amidica della farina, proteine animali della mozzarella e i lipidi animali racchiusi nel fior di latte o mozzarella di bufala.

Un'accortezza essenziale per la buona riuscita di una buonissima pizza è, oltre alla freschezza degli ingredienti, la lievitazione; tramite questa tecnica si consente la divisione dell'amido racchiuso nella farina per mezzo dell'azione degli enzimi in modo da rendere la pizza più tollerabile per lo stomaco.

Il compito del lievito di birra è quello di creare gas nobili e anidride carbonica.

Per consumare le pizze ovviamente furono creati luoghi appositi denominati “pizzerie” le quali, sorgendo in luoghi esterni alla penisola italiana, testimoniano il successo mondiale di questo tipico prodotto italiano esportato in qualsiasi zona del globo.

Sembra strano, ma la città in cui si registra il più alto consumo di pizza al mondo è New York che deve il suo primato grazie ai numerosi immigrati di origine italiana; al secondo posto si colloca la città di San Paolo in Brasile (circa 30.000.000 di pizze mensili).

Nella città di San Paolo la farcitura delle pizze è influenzata in modo univoco da ingredienti tipici del posto come il catupiry (tipo di formaggio) e il palmito (alimento ottenuto da diverse tipologie di palme).

Il commercio della pizza ha consentito anche il fiorire di importanti e imponenti catene di pizzerie famose in tutto il mondo come il franchising della pizza “Hut” (presente con 86 locali in tutto il globo); il corrispettivo italiano è “Spizzico” che in collaborazione con la catena “Autogrill” ha fornito una nuova veste al modo di gustare le pizze che è il perfetto mix tra il fast-food e la pizzeria (già diffuso in Nordamerica).

Il marchio Autogrill per mezzo dell'acquisizione dell'azienda americana HMSHost nel 1999, amministra non direttamente locali della pizza Hut, collocati in centri commerciali, aeroporti e strade che non sorgono in Italia; nelle altre nazioni europee (Portogallo e Spagna) è molto popolare “Telepizza” che ha attivato anche un servizio di consegne a domicilio.

La fantasia riversata nella realizzazione delle pizze ha incentivato i piazzaioli di tutto il mondo a concorrere per aggiudicarsi il titolo di “pizza più grande del mondo”; l'impresa ha visto trionfare l'ipermercato Norwood Pick 'n Pay sito a Johannesburg in Sudafrica.

Il libro dei Guinnes dei Primati (Guinnes Book of Records) attesta che la pizza realizzata a Johannesburg nel 1990 era costituita da 500 chilogrammi di farina, 900 chilogrammi di salsa di pomodoro, 800 chilogrammi di formaggio e misurava la bellezza di 37 metri di diametro.

Un altro record degno di essere menzionato nel Guinnes Book of Records del 2006 è la consegna di pizza più distante effettuata; il 17 novembre 2004 Lucy Clough realizzò un pizza farcita con verdure a Feltham (Londra) e la consegnò a Melbourne in Ramsey Street il 19 novembre 2004 dopo un tragitto di ben 17.000 chilometri.

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